Mal comune, mezzo gaudio. Ci si potrebbe accontentare di questo. Ma la nuova ondata ribassista che sta tormentando i mercati complica oggettivamente un po' i piani di Telecom Italia, che in Borsa ieri è scesa per la prima volta sotto quota 1 euro, senza peraltro che fosse ravvisabile una causa specifica addebitabile al gruppo delle tlc nazionale. La società guidata da Franco Bernabè ha concluso la seduta a 0,953 euro, con un calo del 10,85% che è più che doppio rispetto alla flessione dell'indice Stoxx settoriale europeo, sceso a sua volta del 4,9 per cento.
Da una parte l'andamento depresso delle quotazioni riporta d'attualità il tema del reintegro delle garanzie per i finanziamenti di Telco che già a settembre ha imposto un ritocco – circa il 20% del capitale Telecom è ora in pegno alle banche –, dall'altra non gioca a favore delle operazioni sul capitale che il management sta cercando di mettere a fuoco.
Il nodo ricapitalizzazione
Quella di cui si sta concretamente discutendo nelle ultime settimane riguarda la possibilità di un aumento di capitale riservato a grandi investitori internazionali, operazione sulla quale è impegnato anche Tarak Ben Ammar e per la quale sono attivamente in lizza la libica Lafico e la russa Sistema, ma che potrebbe interessare anche i fondi sovrani del Qatar e degli Emirati.
L'aumento di capitale riservato porta però con sè vincoli da rispettare e questioni da affrontare preventivamente. Il limite di legge è che non si possa andare oltre il 10% del capitale con l'emissione di nuove azioni. Ma quale capitale? Solo quello rappresentato dalle azioni ordinarie o anche quello costituito dalle azioni di risparmio? Secondo l'interpretazione prevalente, si parla del capitale totale. Il che significa che, se per ipotesi il prezzo di sottoscrizione di un eventuale capitale riservato fosse di 1,5 euro ad azione, per questa via la società incasserebbe non più di 3 miliardi di mezzi freschi. Un'operazione che, da sola, non sarebbe in grado di riportare i parametri di indebitamento a livello dei concorrenti europei (di miliardi complessivamente ne occorrerebbero più di 10), ma che costituirebbe comunque un tassello importante di una manovra più complessiva.
È vero che gli azionisti Telco hanno pagato ben di più le proprie partecipazioni (2,58 euro gli italiani, 2,85 euro gli spagnoli di Telefonica), ma è anche vero che con un aumento riservato si raccoglierebbe capitale a premio rispetto alle quotazioni di mercato, a beneficio del valore intrinseco del titolo per tutti gli azionisti. Tant'è che l'operazione è ben vista anche da chi, oltre ad aver pagato un biglietto d'ingresso più salato, si diluirebbe in conseguenza della stessa, come Telefonica (che è favorevole) e almeno una parte dell'azionariato italiano di riferimento.
Per mandarla in porto occorrerà però affrontare preventivamente alcune questioni. La prima, di carattere legale, riguarda il problema di un ipotetico "concerto" che farebbe scattare un'Opa obbligatoria. Telco detiene il 24,5% del capitale ordinario e, con un aumento di capitale riservato, si rischierebbe di sforare il limite del 30% se si sommassero anche le quote dei fondi sovrani. Un rischio che discende dal fatto che per dare il via libera a un aumento riservato occorre l'assenso anche dei soci di riferimento. Un rischio, tuttavia, che pare più teorico che reale. Verificato che non si incappi nella fattispecie del concerto, secondo alcune interpretazioni, anche il biglietto d'ingresso dei fondi sovrani non farebbe testo per l'allineamento del prezzo di carico degli azionisti Telco che finora, invocando la strategicità dell'investimento nel lungo periodo (posizione corredata da una "perizia" dell'ormai defunta Lehman), hanno evitato di svalutare le proprie partecipazioni che incorporano pesanti minusvalenze.
Tuttavia, un aumento di capitale riservato non esaurirebbe appunto le necessità di Telecom che dovrebbe comunque agire anche su altri fronti. Un aumento di capitale aperto a tutti, alle attuali condizioni di mercato, apparirebbe problematico e comunque non potrebbe seguire in tempi ravvicinati una ricapitalizzazione riservata, a meno che quest'ultima non abbia ad oggetto azioni dotate di particolari privilegi quali ad esempio un elevato dividendo "garantito".
Agcom stringe sulla rete
Ad ogni modo, nell'immediato non dovrebbero arrivare risorse fresche dalla rete, nè fissa, nè mobile. L'ipotesi di cedere le torri di trasmissione di Tim per il momento si è arenata sull'indisponibilità del potenziale acquirente, che inizialmente era stato individuato in Dtm. Per la rete fissa sembrano invece del tutto da escludere ipotesi di scorporo dell'infrastruttura in una società ad hoc. L'Agcom entrerà nel vivo oggi sul tema OpenAccess, la divisione che comprende la parte finale della rete fissa, con la relazione degli uffici sugli impegni presi da Telecom. L'obiettivo dell'Authority delle tlc presieduta da Corrado Calabrò è quella di concludere tutto il procedimento prima del consiglio di amministrazione di Telecom già in programma il 2 dicembre per l'esame del nuovo piano industriale che il management sta predisponendo.
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